mercoledì 4 febbraio 2009

L’infinito disegno di Dio

Padre Aldo Trento, missionario in Paraguay: la luce nella notte "Il mio unico progetto è fare quello che Dio mi mostra ogni giorno". In Paraguay la parrocchia di San Rafael guidata da padre Aldo Trento riprende la coscienza medievale e lo spirito delle Riduzioni dei Gesuiti. Si accompagna l’uomo dalla nascita al cimitero, mostrando come il cristianesimo crea una civiltà dell’amore. Padre Aldo (classe 1947, nativo della provincia di Belluno) è in Paraguay dal 1989 dopo una serie di esperienze anche traumatiche (il periodo della contestazione, una crisi affettiva e la depressione). La parrocchia di San Rafael ha circa 10mila abitanti e si trova nella capitale Asunción. Nel 2004 è nato il Centro di eccellenza dedicato a San Riccardo Pampuri che ha fin qui dato assistenza a14mila malati ("Piccole ostie bianche", come le chiama padre Aldo) della strada attraverso dei poliambulatori. L’eccellenza è certificata anche dal Parlamento che ha attribuito al Centro cospicue risorse della finanziaria. "Adesso vedremo con il nuovo governo dell’ex vescovo Fernando Lugo, duramente osteggiato in campagna elettorale dalla Chiesa. Speriamo che non cambi la situazione. Posso solo dire che il vicepresidente del Paraguay fa il medico volontario nella clinica e al mattino prega le lodi nella mia parrocchia". Un asilo, una scuola elementare, un’azienda agricola che prima era destinata al recupero dei carcerati e oggi è una succursale per i malati di aids non terminali. Due casette per i bambini orfani o malati di aids. La Casa Gioacchino e Anna per anziani, il Banco dei donatori del sangue, il Banco alimentare. Sono queste le altre attività sviluppate da padre Aldo che a partire dall’incontro con don Giussani ha ritrovato se stesso e ha accompagnato gli ammalati in particolare quelli terminali verso l’incontro con Cristo. Padre Aldo, è difficile sintetizzare in poche righe la sua missione Mi occupo anzitutto di malati terminali e depressi. Quello che è strano è che avevo terrore di finire in un manicomio. Ho alle spalle anni e anni di antidepressivi. La notte che porto con me è dolorosa, ma oggi la vivo con la gioia perché Dio per realizzare le sue opere ti vuole sulla sua croce con lui. Può fare anche diversamente, ma con me ha scelto questo metodo. Stare di fronte agli ammalati significa realmente immedesimarmi con loro fino al punto che quella sofferenza diventa mia, diventa preghiera e supplica. Dentro il dolore che porto dentro rifletto la gioia che nasce dalla croce. Ringrazio Dio di essere sulla croce con lui. In qualunque luogo vado mi affascina annunciare la bellezza di Cristo. Dal 1989 è in Paraguay, ma ha sperimentato solo più tardi attraverso il Centro San Riccardo Pampuri un modo diverso di essere Chiesa accanto agli ultimi e ai sofferenti Dio ha fatto sorgere tutto quell’insieme di opere della carità che oggi sono nella mia parrocchia. Con l’esaurimento ho abbracciato la croce. Ho rivissuto lo sguardo di tenerezza di don Giussani perché nella mia parrocchia potesse accadere la stessa compagnia per i malati di aids, di mente, i terminali, gli anziani e i bambini delle favelas. Dio sta compiendo quello che era il suo disegno su di me. Dio mi ha condotto in Paraguay: l’uomo di oggi ha bisogno di uomini che facciano, come Giussani, compagnia all’uomo in maniera gratuita. Io do la mia vita perché quella gente si senta amata e voluta bene come io mi sento ancora oggi abbracciato da Giussani. Nei volti dei malati si può rivedere il volto di Cristo, eppure facciamo fatica ad accettare questa condizione Tu pensa a me. Non avevo neanche per la testa di fare queste cose. Non avevo più voglia di vivere. I morti mi hanno sempre fatto paura così come i malati terminali. Qui l’uso della morfina diventa aiuto alla compagnia, non sostitutivo della compagnia. Portiamo il malato a portare la croce nella misura in cui Dio gli dà la forza di sopportarlo. Tutti i giorni vedo la morte in faccia. Il nostro fine è che i malati terminali possano incontrare Cristo. La morte è come il momento del matrimonio nel quale si apre la porta della chiesa con il fidanzato che aspetta sull’altare la fidanzata. Una notte muore un malato di aids e un’infermiera mi ricorda che quando le donne andavano al sepolcro avevano con se gli aromi e i profumi. Da allora anche da noi si fa così. La bellezza di Cristo è capace di liberare il cuore dell’uomo? Un ragazzo di 22 anni, piegato dall’aids, mi ha detto: «Padre, io non ho mai avuto nessuno come compagno nella vita, l’unico è stato l’aids. Oggi finalmente capisco cosa cercavo». Gli ammalati chiedono continuamente i sacramenti. Una mamma di 32 anni si è ritrovata con due bambine di 7 e 8 anni, affette da malattie congenite, morte in ospedale: è rimasta da sola con un bambino e ha scelto di adottarne altri 12 malati di aids. C’è anche chi, fra gli ammalati, ha scritto un canto per ricordare che la morte libera dalle catene del corpo e fa incontrare Cristo. Crispino, 34 figli sparsi ovunque, prima di morire ha organizzato una cena per festeggiare l’ultimo compleanno con tutti i malati. I racconti sarebbero molti. Nell’opinione pubblica trova spazio sempre più spesso la parola eutanasia. Cosa ne pensa? Ah, se capissero queste piccole ostie bianche. Cosa sarebbe la mia clinica, la mia stessa vita senza quel figlio adottivo idrocefalico che ho preso dalla strada e ho adottato e al quale ho dato il mio stesso nome (Trento Aldo Antonio)? Non parlerà mai, non capirà mai, ma adesso mi sorride. Ma voi capite cosa vuol dire questo? Senza queste ostie bianche com’è che Dio potrebbe sopportare uomini che si dimenticano di Lui e non hanno più il coraggio di guardarLo in faccia? Ma tutto questo non fa parte, forse, di quel disegno del calvario, di morte, resurrezione, gioia e pace? Come vorrei che il mondo capisse il valore immenso che hanno quei bambini. È la ricchezza più grande che abbiamo a disposizione. Facciamo un passo indietro. Ripercorriamo le tappe della sua vocazione All’età di 7 anni sento la prima chiamata, ma purtroppo ero troppo piccolo. A 11 anni durante una confessione il sacerdote mi chiese se mi sarebbe piaciuto diventare prete, dissi di sì un po’ anche per il timore della sua reazione. Poi mi accorsi che quel sì aveva cambiato la mia vita: desideravo essere totalmente di Cristo. Quali sono state le difficoltà principali? Durante gli anni della contestazione sono entrato in crisi. Ero irrequieto: la voglia di infinito e di totalità; il cristianesimo che avevo accolto non era in sintonia con il ‘68. A Padova da giovane prete incontro Potere Operaio e lì perdo la testa. Divento simpatizzante con tutto quello che ne seguì: i superiori mi mandarono - dopo il divieto da parte del vescovo di predicare in parrocchia - a Salerno a seguire i carcerati. La prima svolta avvenne durante una manifestazione Nel maggio del 1975 avevo aderito a uno sciopero contro l’imperialismo americano in Vietnam. Quattro ragazzi (di cui uno mi ha scritto questa settimana) del primo anno del liceo dove insegnavo mi videro con il giornale di «Lotta continua» e mi dissero: «Padre non è così che si cambia il mondo, lei dovrebbe insegnarcelo. Il mondo si cambia, il suo cuore cambia se incontra Cristo». Rimasi sconvolto. Incominciai a seguire l’esperienza di Cl. Da lì è iniziata la mia avventura fino al 1989 quando una crisi affettiva mi ha messo ko: da un lato capivo che questa persona era importante per la mia vita, dall’altra ero prete e la mia vocazione era fuori discussione. L’incontro e il rapporto con don Giussani Consegnai la mia situazione a don Giussani che mi disse: «Finalmente è accaduto il miracolo, adesso diventerai un uomo». Diventare un uomo ha voluto dire fare i conti con la mia umanità che non pensavo così drammatica e così dura. Il 7 settembre 1989 don Giussani mi ha accompagnato all’aeroporto per il Paraguay. Mi sono buttato nella San Carlo per un disegno del quale Giussani era il tessitore e Dio la mano. Per 11 anni ho continuato a vivere un dolore terribile, una depressione per cui l’unica cosa che volevo era morire. Non capivo ancora perché Dio mi volesse così.
Articolo pubblicato su www.ilsussidiario.net

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